Maternità, pre e post partum

Essere madre, e non solo: Genitorialità e Identità

Quando nasce un bambino, nasce una madre.
Per essere più precisi, una donna diventa madre.

Allora, è davvero tutto così bello come descritto dalla società?

Come ci si sente a ritrovarsi di colpo addosso un ruolo e un’etichetta così importanti?
Che fine fa quella donna che un attimo prima era collega, compagna, moglie, figlia, sorella, amica?

Diventare madre è un po’ come indossare abiti mai portati prima. Immaginati, forse discussi e desiderati, ma mai prima indossati.
All’improvviso, tutti attorno sembrano aspettarsi che quegli abiti immacolati verranno indossati con cura, che si cercherà di portarli al meglio e soprattutto, che non verranno abbinati a nulla al di fuori dell’ordinario catalogo della “brava mamma”.

La società (quella più ristretta e quella più ampia) prescrive le caratteristiche del buon genitore e definisce tutto ciò che non è ammesso provare (fatica, rabbia, paura, disgusto…).
Tutto d’un tratto quella donna non trova più il tempo di truccarsi al mattino, di prendere un caffè con le amiche, leggere un libro, fare una doccia, confidarsi al telefono, cenare serenamente con il proprio partner. Se subentrano emozioni di perdita e nostalgia, subito dopo arriva il senso di colpa per aver desiderato di dormire ininterrottamente per almeno tre ore e per aver immaginato un aperitivo con amiche al posto di dieci cambi di pannolino!

Può allora accadere che quei maglioni ampi e i pantaloni elasticizzati, intrisi di scelte personali e dell’educazione ricevuta, vengano avvertiti come troppo stretti, e potrebbe emergere il bisogno di aggiungere o recuperare dal passato qualche pezzo di ciò che si era.
La soluzione sembra essere quella di allontanare quanto di scomodo avvertito perché non socialmente o culturalmente accettabile. Ci si può sentire sbagliate, inadeguate, non all’altezza.

Quando l’immagine di sé sembra ridursi a quel riflesso nello specchio che riproduce chili in più e un viso stanco e assonnato non riconducibile al proprio, ci si chiede a chi appartiene quella figura e che fine abbia fatto la donna di prima.
La nostra capacità di riconoscerci nel tempo, di “narrarci”, viene costantemente intaccata dai salti evoluzionistici, dai passaggi da uno stadio di vita all’altro.

Diventare genitore costituisce senz’altro uno tra i passaggi più complessi tra tutti; significa riorganizzare la propria identità, vuol dire recuperare e mantenere ciò che si era e integrarlo con il nuovo ruolo. Un ruolo che sembra debba essere accolto solo con ampi sorrisi e grande entusiasmo.

Durante la gravidanza, il corpo si modifica, la casa si ristruttura per accogliere il bambino, e poi improvvisamente, per quanto lo si possa preparare e programmare, si viene così tanto sommersi dal nuovo ruolo di madre al punto che quella donna si ritrova quasi a dover scegliere chi deve essere.

Essere solo “la mamma di…”, o continuare a tenere insieme anche tutti gli altri pezzetti che era stata finora?

Quella mamma non dovrebbe sentirsi costretta a scegliere, ma dovrebbe sentire di poter tenere tutto.
Piuttosto che all’annullamento della donna nell’essere madre, occorrerebbe tendere alla realizzazione di una donna e mamma sufficientemente serena e soddisfatta dell’intera esperienza e percezione di sé.
Perché quanto più una mamma potrà esprimere tutti i suoi bisogni, tanto più sarà in grado di rispondere a quelli del bambino. Curarsi di sé equivale ad accudire consapevolmente e armonicamente il piccolo.

Ogni madre fa di certo tutto ciò che le è possibile per indossare il suo nuovo abito al meglio, ma per farlo ha bisogno prima di tutto di guardarsi, e di essere vista e riconosciuta in tutte le sue parti, anche quelle più faticose e socialmente e culturalmente meno accettate. Tutte, con i loro tempi e il loro spazio, meritano attenzione e ascolto. Nessuna emozione, nessun pensiero devono essere oscurati per timore del giudizio proprio o altrui.
Qualunque sia il significato sottostante, esso appartiene alla persona, racconta un pezzo di un’intera storia. Storia che senza quel pezzettino risulterebbe incompleta.

Condividere con professionisti o altre donne che stanno vivendo esperienze simili, può essere il primo passo per dare un nuovo sguardo ad aspetti generalmente connotati come “negativi”, e provare a ricompattarli in una visione di sé più completa e armonica che non tenga fuori nulla di tutto ciò che abbia bisogno di essere.

Dottoressa Angela De Giorgio – Psicologa e Psicoterapeuta, esperta in maternità del team di Mama Chat