Maternità, pre e post partum

Il pianto inconsolabile dei neonati e come gestirlo

Una delle prime sfide che i neo-genitori si trovano a dover affrontare è la gestione di lunghi periodi di tempo trascorsi dal proprio bambino piangendo.

Cosa devo fare? Di cosa ha bisogno? Perchè non si calma? Cosa sto sbagliando?

Queste alcune delle domande più frequenti che possono sorgere spontanee; si è infatti portati ad associare il pianto a una condizione di  malessere che, se provato dal proprio figlio, provoca a sua volta sofferenza nel genitore che percepisce di non riuscire a supplire e porre rimedio al disagio e ai bisogni del neonato. I vissuti che potranno  così nascere corrispondono al sentirsi incapaci, inadeguati e frustrati, oltre a un sentimento di colpa per essere genitori non sufficientemente buoni e performanti. 

Ma quanto piange in media un bebè durante la giornata e perchè? 

Non è un dato ampiamente noto che tra le due settimane e i tre mesi di vita un bambino trascorre in media da 1,5 a 3 ore al giorno piangendo senza che vi sia alcuna motivazione alla base che rimandi a una patologia o a un problema organico, si tratta semplicemente del naturale sviluppo fisiologico dell’essere umano; i bambini, oltre a utilizzare il pianto come manifestazione di un bisogno e/o di una condizione di malessere, piangono anche senza una ragione. 

Se da un lato questo potrebbe e dovrebbe tranquillizzarci in termini di adeguatezza delle cure attuate verso i nostri bambini, dall’altro non rende meno difficoltoso sostenere e gestire il suono prolungato e costante del pianto di nostro figlio cercando di interpretarlo in modo corretto. Questa difficoltà può essere maggiore e amplificata soprattutto quando ci troviamo a vivere una situazione caratterizzata da altri elementi di stress quali grande stanchezza dovuta alle scarse ore di sonno, solitudine, cambiamenti ormonali, adattamento ai ritmi del neonato e accettazione di una visione più realistica e meno idealizzata di nostro figlio di cui abbiamo trattato nell’articolo “Maternità: miti e realtà”.

Questo insieme di fattori può quindi far rendere una crisi di pianto più difficile da tollerare del solito e, non sapendo cosa fare per interrompere il pianto del neonato e sopraffatti dal turbinio di emozioni provate, ci si può ritrovare involontariamente a prendere il bambino per il tronco e a scuoterlo muovendolo avanti e indietro; tale strategia vede coinvolti da 10 a 30 neonati ogni 100,000 (dato USA) e, ponendo effettivamente fine al pianto in molti casi,  può essere reiterata.

Tuttavia, è bene tenere presente che  questi movimenti per il nostro bambino possono essere pericolosi in quanto, essendo la struttura cerebrale molto delicata e non ancora del tutto matura, possono esitare in un trauma cerebrale con complicazioni neurologiche più o meno gravi – che prende il nome di Sindrome del Bambino Scosso; dalla letteratura emerge infatti che un terzo dei neonati scossi subiscono conseguenze minime a lungo termine, un terzo invece disabilità cognitive e motorie severe e il restante dei casi può incorrere in morte a causa delle gravi lesioni. 

È molto importante quindi prendere consapevolezza non solo dei momenti positivi che si sperimenteranno ma anche di quelli più sfidanti e delle normali e consuete reazioni che si potranno avere, così da riconoscerle ed essere in grado di decidere come comportarsi al fine di tutelare il benessere psico-fisico non solo del bambino ma anche nostro. 

Quando il nostro neonato piange incessantemente e ci sentiamo sopraffatti dalle nostre emozioni tanto da non sopportare più il suono del pianto, è utile avere bene a mente alcune semplici azioni che possono aiutarci nell’immediato ad abbassare il livello di stress percepito, così da evitare il rischio di mettere in pericolo la sua salute:

  • Mettere il bambino in sicurezza (es. nel lettino, nella culla, nella carrozzina, ecc.)
  • Spostarsi in un’altra stanza
  • Attivare – per il tempo ritenuto necessario – una fonte dei cosiddetti “rumori bianchi” (es. phon) che permettono di coprire i rumori disturbanti provenienti dall’ambiente circostante
  • Svolgere la respirazione diaframmatica – o “con la pancia” – per alcuni minuti: in posizione supina si procede inspirando aria dal naso per 4 secondi e facendo attenzione alla pancia che si gonfia, poi, si procede espirando facendo uscire l’aria dalla bocca per 6 secondi e facendo attenzione alla pancia che in questo caso si sgonfia, si ripete fino a che si percepirà di essersi tranquillizzati

Queste piccole strategie possono essere utili all’abbassamento della carica emotiva durante un momento di stress acuto, non sono però la risoluzione delle criticità che questa fase di vita può portare con sé; è pertanto necessario normalizzare il bisogno di essere supportati, sia dalla propria rete sociale sia da professionisti esperti, non esitando a chiedere aiuto al proprio partner o ai propri cari e a figure professionali che si occupano di tematiche attinenti alla genitorialità, maternità e all’infanzia. Un genitore che sta bene con se stesso è un genitore che sarà in grado di crescere il proprio bambino trasmettendogli sicurezza e tranquillità, elementi fondamentali per uno sviluppo armonioso.

Mama Chat e la nostra équipe di Psicologhe esperte sono consultabili nella Area Maternità della sezione Video-Terapie. La nostra esperienza è a vostra disposizione e prenotare un consulto con noi è facile, farsi supportare in queste fasi delicate è importante, non esitate a scriverci!

D.ssa Francesca Cavana – psicologa di Mama Chat

 

Rizzotto, M. R., Bua, M., Facchin, P. (2021). ll trauma cranico da abuso (sindrome del bambino scosso): un vademecum per il pediatra. Centro Regionale per la Diagnostica del Bambino Maltrattato, Azienda Ospedaliera di Padova

Iqbal O’Meara, AM, Sequeira,  J., Ferguson, N. M. (2020). Advances and future directions of diagnosis and management of pediatric abusive head trauma: a review of the literature. Department of Pediatrics, Virginia Commonwealth University, Richmond, VA, United States